Se la giornalista radical se la prende coi figli di Vance
Giovanni Sallusti · 12 Febbraio 2025
Cari ascoltatori, stasera avrei una semplice domanda per la collega Tiziana Ferrario, storica inviata Rai, conduttrice di tg e scrittrice: che problemi ha con la famiglia del vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance? Infatti la Ferrario, che è un punto di riferimento del giornalismo progressista mainstream italiano, ha postato su X alcune foto del viaggio di Vance in Europa, dove si è confrontato con Ursula von der Leyen (per inciso, sarà interessante conoscere l’esito prettamente politico di questo confronto).
In queste quattro foto si vede Vance accompagnato dalla moglie, di origini indiane, e dai suoi tre figli, che lui tiene in braccio e in spalla, come un padre normale. La Ferrario invece ha scritto indignata: “Ma sempre con questi bambini appesi al collo da esibire come buon papà anche nei viaggi ufficiali! JD Vance vice pres.te Usa non ce l’ha una baby sitter? Deve discutere di cose serie, al lavoro non si portano i bambini. Li mandi a scuola e non ci prenda in giro”. Insomma, si sente presa in giro dal fatto che J.D. Vance si faccia accompagnare dalla famiglia nei suoi viaggi diplomatici.
Ora, se proprio si voleva fare un ragionamento serio sulla ributtante ostentazione dei bambini, si poteva per esempio pensare ai bambini palestinesi cui viene messo in mano un mitra a meno di dieci anni e ai quali Hamas insegna l’odio antisemita. Oppure ai bambini cinesi impiegati come schiavi, peggio che come lavoratori minorili. Di esempi ce ne sono, ma hanno il difetto di non essere in occidente.
Non sappiamo se il problema della Ferrario sia la rivendicazione della famiglia e della paternità come valori, o il fatto che si tratta di una reazionaria famiglia eterosessuale: insomma se, per fare un’ipotesi, il problema sia che queste foto contraddicono l’ideologia arcobaleno. Però possiamo dare a Tiziana Ferrario un consiglio di lettura.
C’è un grande libro, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti in America e in Europa, scritto proprio da Vance: “Elegia americana”. È la storia della sua ascesa personale, ma anzitutto è la storia del suo microcosmo familiare come un riflesso del macrocosmo americano che al di qua dell’Atlantico non capiamo quasi mai, perché per lo più lo si confonde con l’isola di Manhattan. In “Elegia americana” viene raccontato il contesto familiare disastrato da cui Vance proviene: il padre se n’è andato poco dopo la sua nascita, la madre aveva problemi di tossicodipendenza, e non era raro assistere ad abusi o a forti tensioni. Il piccolo J.D. è stato cresciuto per lo più dai nonni nel contesto della Rust Belt, quell’area che è finita deindustrializzata grazie alle scelte globaliste e di fatto filocinesi dell’élite democratica, famiglia Clinton in testa, che deve piacere tanto alla Ferrario.
Forse, leggendo quel libro, la giornalista chic potrà capire perché Vance tiene al valore della serenità e della normalità familiare e perché ci tiene a spiegarlo. E troverà anche nel contesto disastrato che racconta quella spinta pre-razionale, volontaristica, tipicamente americana, di andare avanti comunque; e potrà comprendere perché nel mezzo di tanti drammi, in questo proletariato americano piegato dalla globalizzazione Vance ha riconosciuto il valore di base di una storia collettiva e anche dell’orgoglio nazionale (che per la Ferrario immaginiamo sia un’altra parolaccia): sono quelli come Vance che si sono arruolati per andare in Iraq.
Tiziana Ferrario potrà leggere una storia reale che spiega perché Vance tiene alla famiglia come concetto e come pratica di vita, e anche una storia di grande spirito americano; e troverà perfino le ragioni fondative del trumpismo come fenomeno politico, perché Vance è partito da un sottoscala ed è arrivato alla Casa Bianca. È una grande storia di ascesa americana, e se proprio non ha voglia di leggere il libro, almeno guardi il film con Glenn Close che ne è stato tratto. Forse capirà un po’ di più e si vergognerà del suo post.